Il camaleonte è un rettile conosciutissimo per la sua capacità di cambiare colore adattandosi a quello dell’ambiente circostante e anche in relazione al loro umore; anche se in realtà questa capacità non è certo illimitata poiché si riduce a pochi colori.
Il camaleonte si riconosce subito per la testa a forma di piramide triangolare che può presentare delle escrescenze cornee (simili a corna) e per il corpo compresso lateralmente; sul dorso può avere una lunga cresta dentellata.
26 gen 2009
7 gen 2009
Ecco come hanno risolto il problema della riapertura delle poste altrove. Genova chiama Vietri
GENOVA — Gaetano Malia all’ufficio è un muratore disoccupato da febbraio, Luciana una casalinga con la «minima» e gravi problemi di diabete, Nicolò Catania un ex operaio, Antonio Pertichini un pensionato con una moglie invalida, Maria Grazia Licheri una nonna a tempo pieno per i tre nipotini, tutti si sono dati appuntamento ieri davanti all’ufficio postale di via Airaghi a Prà, un quartiere del Ponente di Genova, all’una meno un quarto. Sono una trentina e l’età di chi compone questo drappello è intorno ai settant’anni. Sono il commando dei pensionati contro le Poste, i vecchietti terribili del Cep, dove Cep sta per Case di Edilizia Popolare, uno di quei quartieri costruiti intorno agli anni Settanta, casermoni enormi in cattivo cemento, senza servizi, senza negozi, con strade malandate e subito problematici.
Il 12 dicembre le Poste hanno chiuso l’unico ufficio che serviva seimila persone, tante abitano il Cep. Sulla porta è comparso un cartello «chiuso per evento criminoso ». L’11 dicembre c’era stata una rapina. L’ufficio più vicino è a cinque chilometri, per raggiungerlo bisogna cambiare due autobus. È quello di via Airaghi dove i pensionati del Cep hanno inscenato ieri la loro protesta: l’operazione Tartaruga. L’hanno chiamata così un po’ perché il suo fulcro è la lentezza e un po’ per ironia, perché ricorda i loro volti rugosi segnati dalla vita. «Ci presentiamo tutti i giorni in trenta all’ora di chiusura - era il piano - e tratteniamo le impiegate con tutte le domande possibili finché ce la facciamo».
È andata avanti dall’una alle tre, con il sorriso delle tre impiegate agli sportelli sempre più tirato e sotto gli occhi di polizia e carabinieri. «Abbiamo lottato — dice Maria Grazia — per avere l’ufficio postale dieci anni fa, ora non possiamo perderlo. La rapina è solo un pretesto». Dotazione individuale del commando un foglietto di istruzioni stampato dall’ex farmacista del quartiere, Carlo Besana: come far perdere tempo alle impiegate. Fra le domande da porre anche: cosa succede del mio conto postale in caso di morte? Qualcuno ha fatto scongiuri ma poi si è detto: perché no? Ed è andato avanti intrepido. Poi, largo all’improvvisazione: mio figlio lavora all’estero può ritirare i soldi con il Bancoposta? E quanto gli costa? E se lavorasse in Cina? Ci sono le Poste in Cina? Ad aprire le danze all’una è stato Nicolò Catania, ex operaio di fonderia, ex sindacalista Cgil, settantenne. Ha chiesto di parlare con il direttore: «Ho centomila euro e vorrei aprire un conto, che interesse mi date? Così poco? Non sono mica spiccioli. E se poi non sono soddisfatto e chiudo il conto quanto pago?».
Si sono guardati negli occhi e si sono capiti: i 100 mila euro non ci sono mai stati ma sono andati avanti lo stesso, è stato bello fingere per un po’. L’ex operaio ha tenuto il gioco diciotto minuti. Il record l’ha battuto Susanna: ventitré minuti allo sportello, poi ha lasciato perdere per gentilezza verso l’impiegata. Data l’età media e gli acciacchi i più previdenti si sono portati una sedia pieghevole da casa, una bottiglia d’acqua, bicchieri di carta. E per allungare ancora i tempi tutti hanno versato con bollettino postale un euro a Emergency o all’hospice della Gigi Ghirotti non dimenticando di chiedere la tariffa agevolata: «Ho più di settant’anni, ho diritto allo sconto». Poi hanno coniato anche uno slogan: «Non ho bastoni né corpi contundenti la mia arma sono i conti correnti». In serata le Poste hanno ceduto: l’ufficio del Cep, hanno scritto, sarà riaperto il 12 gennaio «dopo i lavori per metterlo in sicurezza».
È soddisfatto il presidente della Regione Claudio Burlando (Pd) che aveva già scritto al ministro Scajola e alle Poste: «Inaccettabile chiudere quegli sportelli». «Una vittoria della gente—dice Burlando—non aveva senso che Regione, Comune, volontariato si impegnino per aiutare il Cep e l’unico segno dello Stato sia chiudere un servizio essenziale». I vecchietti si erano preparati a bloccare di nuovo le Poste il 2 gennaio, ma non sarà necessario.
Erika Dellacasa
30 dicembre 2008
tratto dal corriere della sera .....grazie alla collaborazione di un vietri 360 di Genova
SVEGLIA agiamo.................
Il 12 dicembre le Poste hanno chiuso l’unico ufficio che serviva seimila persone, tante abitano il Cep. Sulla porta è comparso un cartello «chiuso per evento criminoso ». L’11 dicembre c’era stata una rapina. L’ufficio più vicino è a cinque chilometri, per raggiungerlo bisogna cambiare due autobus. È quello di via Airaghi dove i pensionati del Cep hanno inscenato ieri la loro protesta: l’operazione Tartaruga. L’hanno chiamata così un po’ perché il suo fulcro è la lentezza e un po’ per ironia, perché ricorda i loro volti rugosi segnati dalla vita. «Ci presentiamo tutti i giorni in trenta all’ora di chiusura - era il piano - e tratteniamo le impiegate con tutte le domande possibili finché ce la facciamo».
È andata avanti dall’una alle tre, con il sorriso delle tre impiegate agli sportelli sempre più tirato e sotto gli occhi di polizia e carabinieri. «Abbiamo lottato — dice Maria Grazia — per avere l’ufficio postale dieci anni fa, ora non possiamo perderlo. La rapina è solo un pretesto». Dotazione individuale del commando un foglietto di istruzioni stampato dall’ex farmacista del quartiere, Carlo Besana: come far perdere tempo alle impiegate. Fra le domande da porre anche: cosa succede del mio conto postale in caso di morte? Qualcuno ha fatto scongiuri ma poi si è detto: perché no? Ed è andato avanti intrepido. Poi, largo all’improvvisazione: mio figlio lavora all’estero può ritirare i soldi con il Bancoposta? E quanto gli costa? E se lavorasse in Cina? Ci sono le Poste in Cina? Ad aprire le danze all’una è stato Nicolò Catania, ex operaio di fonderia, ex sindacalista Cgil, settantenne. Ha chiesto di parlare con il direttore: «Ho centomila euro e vorrei aprire un conto, che interesse mi date? Così poco? Non sono mica spiccioli. E se poi non sono soddisfatto e chiudo il conto quanto pago?».
Si sono guardati negli occhi e si sono capiti: i 100 mila euro non ci sono mai stati ma sono andati avanti lo stesso, è stato bello fingere per un po’. L’ex operaio ha tenuto il gioco diciotto minuti. Il record l’ha battuto Susanna: ventitré minuti allo sportello, poi ha lasciato perdere per gentilezza verso l’impiegata. Data l’età media e gli acciacchi i più previdenti si sono portati una sedia pieghevole da casa, una bottiglia d’acqua, bicchieri di carta. E per allungare ancora i tempi tutti hanno versato con bollettino postale un euro a Emergency o all’hospice della Gigi Ghirotti non dimenticando di chiedere la tariffa agevolata: «Ho più di settant’anni, ho diritto allo sconto». Poi hanno coniato anche uno slogan: «Non ho bastoni né corpi contundenti la mia arma sono i conti correnti». In serata le Poste hanno ceduto: l’ufficio del Cep, hanno scritto, sarà riaperto il 12 gennaio «dopo i lavori per metterlo in sicurezza».
È soddisfatto il presidente della Regione Claudio Burlando (Pd) che aveva già scritto al ministro Scajola e alle Poste: «Inaccettabile chiudere quegli sportelli». «Una vittoria della gente—dice Burlando—non aveva senso che Regione, Comune, volontariato si impegnino per aiutare il Cep e l’unico segno dello Stato sia chiudere un servizio essenziale». I vecchietti si erano preparati a bloccare di nuovo le Poste il 2 gennaio, ma non sarà necessario.
Erika Dellacasa
30 dicembre 2008
tratto dal corriere della sera .....grazie alla collaborazione di un vietri 360 di Genova
SVEGLIA agiamo.................
4 gen 2009
Alitalia: Ma siamo d'avvero un popolo d'imbecilli
DIECI mesi dopo, con quasi lo 0,3 per cento di pil sottratto ai contribuenti e 7.000 posti di lavoro in meno, Alitalia torna a parlare francese. Era il 14 marzo 2008 quando Air France-KLM depositava la propria offerta vincolante, subito accettata dal Consiglio di Amministrazione di Alitalia. Sono stati 10 mesi da incubo per i viaggiatori, presi ripetutamente in ostaggio in una battaglia senza esclusioni di colpi in cui la politica ha occupato un ruolo centrale, dimentica della recessione che ci stava investendo. In questi 300 giorni gli italiani hanno visto franare il prestito ponte di 300 milioni di euro concesso quasi all'unanimità dal Parlamento italiano. Oltre a perdere così un milione al giorno, i contribuenti si sono accollati i debiti contratti dalla bad company per quasi tre miliardi.
Ci sono poi circa 7.000 posti di lavoro in meno nella nuova compagnia rispetto all'offerta iniziale di Air France, che comporteranno, oltre ai costi sociali degli esuberi (soprattutto di quelli che riguardano i lavoratori precari), oneri aggiuntivi sul contribuente legati al finanziamento in deroga degli ammortizzatori sociali, per almeno un miliardo di euro. Il conto pagato dal contribuente è, dunque superiore ai 4 miliardi di euro, più o meno un terzo di punto di pil, quasi due volte il costo della social card e del bonus famiglia messi insieme.
Sarà Air France-KLM l'azionista di maggioranza, in grado di decidere vita, morte e miracoli della compagnia sorta dalle ceneri di Alitalia. Poco importa che sia italiana la faccia, che si chiami ancora Alitalia la nuova compagnia. Sarebbe stato così comunque, anche con il 100 per cento del capitale nelle mani di Air France-KLM. Come canta Carla Bruni, chi mette la faccia "non è nulla", chi mette la testa "è tutto".
La composita cordata italiana ha dovuto subito rinunciare all'italianità della compagnia perché non era da sola in grado di far decollare neanche il primo aereo, previsto in volo sui nostri cieli il 13 gennaio prossimo venturo. Air France rileva il 25% della nuova compagnia, versando 300 milioni. Questo significa che il 100 per cento del capitale viene oggi valutato 1200 miliardi, circa 150 milioni in più dei 1052 pagati a Fantozzi da Colaninno e soci solo un mese fa. Questo sovrapprezzo si spiega col fatto che CAI ha nel frattempo acquisito Air One. Si tratta di una compagnia in crisi, con un debito verso i soli fornitori valutato attorno ai 500 milioni di euro, ma il valore dell'acquisizione di Air One è tutto nella soppressione dell'unico concorrente sulla tratta Milano-Roma, consumatosi con il beneplacito della nostra Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Anche questi 150 milioni vanno aggiunti al conto pagato dagli italiani. E' sono sicuramente una sottostima dei costi che dovremo pagare per la mancata concorrenza.
Conti fatti, è soprattutto Air France dunque ad aver fatto un affare. Rileva una compagnia più leggera di 7000 dipendenti rispetto a quella che avrebbe acquisito nel marzo scorso, che ha nel frattempo assunto una posizione di monopolio nella tratta più redditizia versando molto meno di quel miliardo su cui si era impegnata solo 10 mesi fa.
Dopo avere subìto un danno ingente in conto capitale e avere assistito alla beffa finale di vedere documentata, nero su bianco, la svendita della loro compagnia di bandiera allo straniero da parte dei "patrioti" della Cai, i cittadini italiani rischiano ora di vedere salire ulteriormente le tariffe aeree, in barba alla deflazione. Per scongiurare questo pericolo l'Autorità Antitrust dovrà assicurarsi fin da subito che gli slot lasciati liberi da Alitalià vengano venduti sul mercato. Le speranze di concorrenza in Italia riposano ormai solo sull'ingresso di Lufthansa-Italia nella tratta Milano-Roma. Varrà senz'altro molto di più della moral suasion esercitata da chi, dopo aver benedetto la fusione fra CAI e Air One il 3 dicembre scorso, oggi promette di monitorare da vicino le tariffe della nuova compagnia.
Vietri360 MDD
Ci sono poi circa 7.000 posti di lavoro in meno nella nuova compagnia rispetto all'offerta iniziale di Air France, che comporteranno, oltre ai costi sociali degli esuberi (soprattutto di quelli che riguardano i lavoratori precari), oneri aggiuntivi sul contribuente legati al finanziamento in deroga degli ammortizzatori sociali, per almeno un miliardo di euro. Il conto pagato dal contribuente è, dunque superiore ai 4 miliardi di euro, più o meno un terzo di punto di pil, quasi due volte il costo della social card e del bonus famiglia messi insieme.
Sarà Air France-KLM l'azionista di maggioranza, in grado di decidere vita, morte e miracoli della compagnia sorta dalle ceneri di Alitalia. Poco importa che sia italiana la faccia, che si chiami ancora Alitalia la nuova compagnia. Sarebbe stato così comunque, anche con il 100 per cento del capitale nelle mani di Air France-KLM. Come canta Carla Bruni, chi mette la faccia "non è nulla", chi mette la testa "è tutto".
La composita cordata italiana ha dovuto subito rinunciare all'italianità della compagnia perché non era da sola in grado di far decollare neanche il primo aereo, previsto in volo sui nostri cieli il 13 gennaio prossimo venturo. Air France rileva il 25% della nuova compagnia, versando 300 milioni. Questo significa che il 100 per cento del capitale viene oggi valutato 1200 miliardi, circa 150 milioni in più dei 1052 pagati a Fantozzi da Colaninno e soci solo un mese fa. Questo sovrapprezzo si spiega col fatto che CAI ha nel frattempo acquisito Air One. Si tratta di una compagnia in crisi, con un debito verso i soli fornitori valutato attorno ai 500 milioni di euro, ma il valore dell'acquisizione di Air One è tutto nella soppressione dell'unico concorrente sulla tratta Milano-Roma, consumatosi con il beneplacito della nostra Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Anche questi 150 milioni vanno aggiunti al conto pagato dagli italiani. E' sono sicuramente una sottostima dei costi che dovremo pagare per la mancata concorrenza.
Conti fatti, è soprattutto Air France dunque ad aver fatto un affare. Rileva una compagnia più leggera di 7000 dipendenti rispetto a quella che avrebbe acquisito nel marzo scorso, che ha nel frattempo assunto una posizione di monopolio nella tratta più redditizia versando molto meno di quel miliardo su cui si era impegnata solo 10 mesi fa.
Dopo avere subìto un danno ingente in conto capitale e avere assistito alla beffa finale di vedere documentata, nero su bianco, la svendita della loro compagnia di bandiera allo straniero da parte dei "patrioti" della Cai, i cittadini italiani rischiano ora di vedere salire ulteriormente le tariffe aeree, in barba alla deflazione. Per scongiurare questo pericolo l'Autorità Antitrust dovrà assicurarsi fin da subito che gli slot lasciati liberi da Alitalià vengano venduti sul mercato. Le speranze di concorrenza in Italia riposano ormai solo sull'ingresso di Lufthansa-Italia nella tratta Milano-Roma. Varrà senz'altro molto di più della moral suasion esercitata da chi, dopo aver benedetto la fusione fra CAI e Air One il 3 dicembre scorso, oggi promette di monitorare da vicino le tariffe della nuova compagnia.
Vietri360 MDD
3 gen 2009
Protesta per chiusura posta Marina
Senza voler fare un uso strumentale della notizia, comunichiamo che da più parti si stanno intraprendendo iniziative per riottenere il servizio di ufficio postale a Marina di Vietri sul Mare.
Invitiamo caldamente tutti gli associati ed i simpatizzanti ma anche semplici cittadini a partecipare all'iniziativa che ritengono più efficace a tal fine.
Purchè dimostrino il loro dissenso alla chiusura dell'ufficio postale di marina.
A Tale scopo informiamo che:
- un comitato spontaneo ha raccolto firme;
- su un blog personale di un cittadino vi è una proposta;
- su facebook gira una raccolta virtuale di firme;
Una cosa è certa tutti si interessano e nessuno agisce.
Il fatto è che il criticatissimo caravan ora non c'è più e tutti gli utenti sono costretti a recarsi al capoluogo anche per inviare una semplice raccomandata.
Pensate poi con le pensioni cosa possa succedere.....................
CHIUSURA UFFICIO POSTALE A MARINA DI VIETRI
Invitiamo caldamente tutti gli associati ed i simpatizzanti ma anche semplici cittadini a partecipare all'iniziativa che ritengono più efficace a tal fine.
Purchè dimostrino il loro dissenso alla chiusura dell'ufficio postale di marina.
A Tale scopo informiamo che:
- un comitato spontaneo ha raccolto firme;
- su un blog personale di un cittadino vi è una proposta;
- su facebook gira una raccolta virtuale di firme;
Una cosa è certa tutti si interessano e nessuno agisce.
Il fatto è che il criticatissimo caravan ora non c'è più e tutti gli utenti sono costretti a recarsi al capoluogo anche per inviare una semplice raccomandata.
Pensate poi con le pensioni cosa possa succedere.....................
CHIUSURA UFFICIO POSTALE A MARINA DI VIETRI
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